Hai presente il Marshmallow, quella caramella morbida americana bianca o rosa, che gommeggia in bocca, spruzzando zuccheri come se non ci fossero carie al mondo, particolarmente giubilatorio se scaldato al fuoco in uno spiedino? No?! Beato te.
Il Marshmallow, se lo hai conosciuto da bambino, resterà per sempre impregnato nella tua memoria gustativa, come il diavoletto capace di farti deviare inesorabilmente dalla retta via alimentare.
Te lo potrebbero confermare i 500 bambini di 4 anni che nel 1972 hanno partecipato al Marshmallow Test, e tutti quei bambini che negli anni successivi hanno subìto a loro insaputa, in modo ludico e non scientifico, lo stesso trattamento.
Si tratta di un esperimento molto semplice e ilarante: fai sedere un bambino davanti ad un elegante piattino con sopra un Marshmallow e lo informi che ti devi assentare, che se vuole può mangiarlo, ma che se quando torni non lo ha toccato, ne avrà un altro, due invece di uno (two is better than one!)… Poi ti assenti per un quarto d’ora dopo aver predisposto una telecamera nascosta per goderti la reazione. Su internet, puoi divertirti a guardare uno dei tanti video di Marshmallow Test che sono stati fatti negli anni successivi all’esperimento originale. Ad esempio, questo qui.
Ma perché un eminente psicologo come Walter Mischel avrebbe voluto infliggere questa tortura ai bambini? Il suo scopo era quello di verificare il controllo inibitorio nei bambini di quattro anni (età in cui questa competenza, se stimolata, comincia a svilupparsi) e di seguirne la crescita fin nell’età adulta. Ciò gli ha permesso di teorizzare l’impatto che la capacità di saper attendere ha sullo sviluppo globale della persona. Secondo questo studio, i bambini che a 4 anni erano risultati in grado di pazientare per meritarsi la seconda caramella gommosa, da adolescenti sarebbero risultati più sicuri di sé, con una migliore gestione dello stress, avrebbero avuto più amici e, anche se con un Quoziente Intellettivo più basso, sarebbero riusciti ad entrare nelle migliori università o avrebbero ottenuto un lavoro più soddisfacente rispetto ai coetanei privi di tale abilità. In definitiva, ciò che più conta, sarebbero nel complesso persone più felici.

Se hai un controllo inibitorio debole, ci avverte Céline Alvarez nel suo Le leggi naturali del bambino
, la più piccola distrazione ti deconcentrerà, sarai incapace di attendere il tuo turno per parlare o per agire, avrai grandi difficoltà a controllare le tue emozioni e abbandonerai rapidamente le azioni intraprese per mancanza di perseveranza.
Inquietante, se pensiamo che questa importante competenza, dalla quale dipenderebbe la nostra felicità futura, non si sviluppa automaticamente. Che, affinché possa esercitarla e integrarla, il bambino deve ricevere gli stimoli giusti durante il periodo sensibile dei 3/5 anni.
No, inutile privarlo di Marshmallow. Il bambino potrà acquisire il controllo inibitorio – ci indica ancora Céline Alvarez
– solo se si confronterà da solo a situazioni che metteranno alla prova le sue capacità esecutive, spronandolo a raggiungere obiettivi precisi, a scegliere e controllare gesti ed emozioni appropriate, a pianificare le sue azioni, a restare flessibile in caso di errore. E, in questo, l’adulto può (e deve) aiutarlo, stimolando la sua autonomia, invitandolo ad esempio a mettersi le scarpe o ad insaponarsi da solo, a mettere in ordine le sue cose, a partecipare alla vita di famiglia (Montessori diceva che a due anni un bambino può già rifarsi il letto da solo, o raccogliere le mandorle cadute dagli alberi e a cinque, coltivare autonomamente un pomodoro, dalla semina alla raccolta).
“L’adulto può soltanto incoraggiarlo, a partire dai tre anni, a fare da solo ciò che può fare da solo, accompagnandolo senza fare al posto suo, incoraggiandolo fino a rendersi progressivamente invisibile. Niente di più. Nessun bisogno di andare a cercare delle attività straordinarie. A tre anni, l’ordinario è straordinario”. [Céline Alvarez]
Mi chiedo se da piccola avrei aspettato quei fatidici quindici minuti. Forse sì, per poterne portare uno a mio fratello. Avevo questa fissa, ricordo, di voler condividere tutti i piaceri della vita con lui. Oggi forse mi fionderei sul Marshmallow ancora prima che abbiano finito di spiegarmi le regole. Ma da grandi non conta, no?, o è poi la chiave per essere una vecchietta felice?