Alla voce “capriccio”, il dizionario Treccani indica:
caprìccio s. m. [dall’ant. caporiccio]. – 1. a. Voglia improvvisa e bizzarra, spesso ostinata anche se di breve durata […]; fare i c., spec. di bambini, fare le bizze.
Cerco allora “bizze”:
biżża1 s. f. [etimo incerto]. – Capriccio stizzoso e di breve durata, senza serio motivo: il bambino fa le b.; non sopporto le sue bizze.
“Senza serio motivo”… per chi? Pochi giorni fa si è rotto un oggetto senza valore che mi accompagnava da tanti anni, un oggetto con moltissima storia, moltissime storie che avrei potuto raccontarvi, condivise con esso. Ho diritto di essere dispiaciuta? E di fare una crisi? Di urlare? Di piangere? Risulterei ridicola e infantile? E se si fosse bruciato il manoscritto originale del mio capolavoro letterario che avrebbe sicuramente marcato il Ventunesimo Secolo? E se avessero graffiato con una chiave la mia cadillac rosa? Se mi avessero svaligiato casa? Se fosse morto il mio pesciolino rosso col quale ho nuotato nell’oceano pacifico assieme ai delfini e che mi ha insegnato a stare in apnea? Già per noi adulti, mi si permetta, la determinazione di un “serio motivo” è piuttosto soggettiva. Eppure, chiusi nel nostro punto di vista di adulti con senno, siamo tutti in grado di puntare il dito su un bambino, sentenziando quali debbano essere seri motivi e quali capricci.
Ci vuole molta memoria e un grande sforzo di umiltà per cercare di fare un passo indietro nel secolo scorso, la nostra infanzia. Quanto fossero drammatiche certe situazioni che oggi ci fanno sorridere. Ricordo nettamente il dolore della piccola me in un grande negozio di giocattoli, una specie di deposito con pochi clienti, allora mi si lasciava sgattaiolare da sola tra i reparti. Restavo lì un’eternità, nella mia solitudine, a fissare con bramosia lo scatolone del castello dei playmobil. Quanto costava! Non avrei mai osato chiedere di comprarmelo… I miei genitori non hanno mai saputo di questo dolore, né hanno quindi mai avuto la possibilità di esaudire il mio desiderio. Certamente se ad un certo punto avessi avuto il coraggio di chiederlo e me lo avessero rifiutato, avrei sfogato tutto il dolore represso e compresso e la mia caparbia reazione sarebbe stata considerata come un banale capriccio.
E tu? Ricordi quanto potevano essere intense le tue emozioni quando eri bambino?
Le neuroscienze ci svelano che la corteccia prefrontale, responsabile della nostra capacità di auto-regolazione emotiva, si sviluppa molto lentamente e in ritardo rispetto ad altre parti del cervello. Basti pensare che si stima che la corteccia prefrontale e frontale – le regioni che modulano le decisioni prese d’impulso sotto la spinta delle emozioni – finiscano il loro sviluppo tra i 20 e i 25 anni, per intuire come un bimbo di due/quattro anni abbia ben poche possibilità di comprendere il mondo e domarlo come facciamo noi adulti. In particolare,
“la corteccia prefrontale, per il suo ruolo nel controllo delle funzioni esecutive, conclude tardivamente il proprio percorso maturativo, attorno ai 20 anni d’età”. [in La maturazione del cervello: tempistica, direzione, regole ed eventi di Bricolo Francesco, Zoccatelli Giada, Serpelloni Giovanni]
Giudicare come un “capriccio” la crisi di un bambino, e quindi “liquidarla”, “lavarsene le mani”, senza cercare di capire, di mettersi al suo posto, di rispettare i suoi tempi e modi di percezione, equivale ad abbandonarlo al turbinio ingestibile delle sue emozioni, o peggio, insegnargli che quello che prova è sbagliato, che dovrebbe essere diverso, che non è appropriato esprimere quello che sente, che bisogna adeguarsi alle circostanze, allontanandosi da se stesso.
Il “capriccio” è l’espressione di un bisogno che va oltre il motivo poco serio che ci appare davanti, talvolta va ben oltre, quando il messaggio che ci vuole essere comunicato è più articolato, più importante.
Isabelle Filliozat scrive in “Le emozioni dei bambini” :
“Dietro ciò che i genitori definiscono un “capriccio”, dietro un comportamento strano, fuori luogo, eccessivo, o semplicemente non ordinario, cerchiamo l’emozione, cerchiamo il bisogno. Il bambino sta dicendo qualcosa“.
Un’emozione è bloccata, un bisogno nascosto. E fino a quando questa emozione e questo bisogno non saranno ascoltati, il bambino continuerà a dircelo, in tutti i modi che conosce, gridando, scalciando, mostrandosi poco cooperativo, irrazionale ai nostri occhi.
Talvolta basta solo che il piccolo possa sentirsi ascoltato, perché il nodo si sciolga. Filliozat fa l’esempio di sua figlia che, vedendo passare un venditore col suo grappolo variopinto, espresse il desiderio di avere un palloncino. Invece di risponderle direttamente no, come stava per fare, utilizzando il “pilota automatico”, le rispose che effettivamente quei palloncini erano proprio belli, di bellissimi colori, che il suo preferito era quello lì in fondo. Ne era nata una disquisizione alla quale avevano persino partecipato bambini a loro sconosciuti e si era conclusa così, senza che la bambina reiterasse il suo desiderio di acquistarlo. La sua richiesta era in realtà un bisogno di condivisione con la mamma, non di possesso dell’oggetto. Se avesse ricevuto un “no”, si sarebbe entrati in modalità di scontro frontale, la bimba si sarebbe sentita rifiutata. La battaglia avrebbe riportato, come al solito, due perdenti.
Gli adulti chiamano “capriccio” ciò che non capiscono. Che non sanno interpretare. Ma proviamo ad aprire il cuore, a percepire (e a ricordarci) il sentimento del piccolo che non viene accolto nella sua sofferenza, che viene devalorizzato, banalizzato, sgridato, punito per la sua incapacità di esprimere i suoi bisogni o di gestire la frustrazione di un rifiuto.
“I capricci non esistono. Si tratta di un linguaggio, di un messaggio da decodificare“. [I. Filliozat]
Non ascoltandoli, li invitiamo a chiudersi in sé, a giudicarsi inadeguati. Perdiamo l’occasione di accompagnarli nello sviluppo del loro quoziente emozionale, l’intelligenza emotiva di cui avranno tanto bisogno per crescere in armonia con se stessi e gli altri, affrontando i terremoti della vita con coraggio e buon senso.
Non ascoltandoli, perdiamo un’occasione di capirli un po’ meglio. Di allacciare un dialogo che ci accompagnerà e maturerà negli anni. Di dare a questo esserino ancora tanto dipendente da noi, la dignità che merita, affinché possa crescere il più vicino possibile alla sua natura, ai suoi desideri, ai suoi talenti.
Articolo molto interessante come al solito. Bellissimo l’esempio con la bimba ed il palloncino…
Incredibile l’età di completo sviluppo della corteccia prefontale!! Questa informazione sicuramente mi farà cambiare prospettiva anche di fronte agli adolescenti e giovani adulti che frequento… !!
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Grazie! Alcune informazioni infatti le ho trovate in un articolo molto interessante sull’uso di droghe negli adolescenti (http://iport.dronetplus.eu/com/filedownloadlink/allegatoQ.php?key=3443), in cui si legge “La prevalenza di comportamenti a rischio durante l’adolescenza può essere quindi facilmente spiegabile dall’immaturità di alcune regioni cerebrali rispetto ad altre, come per esempio dal basso controllo delle regioni corticali frontali sugli impulsi primari”. Incredibile…
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